Il fabbricante

- di Claudia de Matthaeis

18

Il buon esempio è eterno, resiste alla moda, alla tecnologia, alla nostra stessa volontà.

Vive di forza propria.

Si autoalimenta.

E’.

Vivere in questa terra e con limpidezza è già motivo di orgoglio, è un lavoro da regalare ai nostri figli, distinguersi per i risultati raggiunti è quasi troppo.

Questa è la strada per costruire la coscienza, e noi ci siamo imbattuti in un fabbricante.

Questo luogo dal nome orientale, attira e sprigiona energia dalla luce inafferrabile come l’anima, sei qui come un’astronauta nello spazio…sospeso nel corpo e nel tempo.

Vivi in una realtà parallela, hai la tentazione di essere migliore.

Ringraziare è banale scontato, ma inevitabile.

Shu Ha Ri

di Lucio Maurino – Nella filosofia orientale, e in particolar modo nella pratica della arti, si dice che nel processo di APPRENDIMENTO per “essere maestri” bisogna “uccidere il maestro”. Alcuni accusano l’insegnamento di plagio da cui ci si libera per diventare se stessi. Shu Ha Ri rappresenta il processo di evoluzione da allievo (shu), esperto (ha) e maestro (ri) in tutte le arti. Si racconta che la fase ‘shu‘ è lunga, la successiva ‘ha‘ è sofferta, e l’ultima, ‘ri‘, è rinascita.

17

Continua a leggere

La prima fase – SHU – è quella http://www.kodokankaratedo.it/Nuovo%20sito/Immagini/shu%20ha%20ri.jpgdell’apprendimento “passivo” in cui la mente è nello stato di mu-shin, in cui nulla si concede a desiderio o paura”, l’allievo si limita ad osservare il Maestro nelle sue movenze, espressioni e sentimenti e ,come un figlio con il proprio genitore, ne cerca di copiare gli atteggiamenti, senza porsi domande o fare obiezioni, si limita solamente ad emulare colui che lo sta conducendo lungo la Via.

Questa fase dell’apprendimento si avvale dell’esempio, del contatto come comunicazione corporea, dell’immagine mentale. E’ la fase del plagio, e se viene considerata definitiva conduce a un’imitazione fedele che, riproducendosi di generazione in generazione, cristallizza la scuola.

Mettiamo shu in relazione con ‘ushin‘ la condizione di chi ha l’attenzione su qualcosa. Ryoen dice: …non è l’atto semplice di osservare come richiedono le scienze naturali moderne. L’allievo percepisce la maestria nascosta e cerca di imitarla, adattando il gesto alla propria maniera d’essere (corpo e mente)… Per Zeami era la prima tappa in cui l’apprendimento avviene solo per imitazione.

Questo primo, lungo, periodo mette a dura prova lo spirito e il fisico dell’allievo e di conseguenza del Maestro. In questa società iper-tecnologica dove tutto è evidente, dove niente viene celato da ragionamenti velati e nascosti negli anni dai nostri padri, arduo è il compito di colui che il nobile compito di trasmette l’Arte al prossimo.

Nella seconda fase, – HAla coscienza dell’allievo inizia a prendere una propria condizione. Viene il momento in cui svaniscono le certezze e si rettifica la comprensione. Appresa la forma alla perfezione, quando è veramente penetrata oltre la superficie nella coscienza, l’Arte viene applicata alla vita. In questo periodo la forma viene ignorata dalla coscienza e ricompare, creata dall’inconscio. Tutto diviene spontaneo e automatico e il frutto degli allenamenti ripetuti all’infinito senza apparente motivo comincia ad affiorare ad un sua applicazione . Si sperimenta che la forma ha raggiunto lo spirito, il centro di coscienza, aggirando gli ostacoli che si incontrerebbero limitandosi ad ascoltare le lezioni convenzionali di un insegnante che parla da dietro la cattedra.

Tutto è nuovo, tutto acquista dimensione reale; il maestro è una sagoma sfuocata che pian piano scompare. Ucciderlo significa percepire la sua presenza, lasciarlo e non voltarsi a guardarlo. E’ un momento difficile, in cui l’allievo può illudersi che i successi siano la maestria.

Ecco la fase conclusiva, RIun anelito di libertà, per il maestro e per l’allievo. E’ il parto; lo spirito e i corpi diventano due, separatamente affrontano la realtà. Il gesto torna a dominare quello che era un allievo e ora è un esperto che può diventare maestro. In questa fase l’allievo ormai cosciente delle proprie abilità e conoscenze, inizia a comprendere le risposte a quelle domande che nel passato non osava porre. Ma non è più la ripetizione del gesto che l’allievo osservava con tanta intensità nell’espressione del maestro. E’ un gesto vissuto almeno in alcuni particolari, che talvolta può esteriormente essere identico, ma interiormente è diverso: prima arrivava faticosamente all’allievo, ora da lui emana con naturalezza.

E’ il “proprio momento”, in cui ognuno di noi, raggiunta tale certezza può cercare la personale interpretazione, una propria visuale di ciò che sta facendo. Dagli scritti postumi di Chiba Susaku: Come classificare i Maestri: “Ri” significa staccarsi, allontanarsi, rinnegando anche “shu” e “ha”, senza possibilità di tornare al passato, senza nulla da mirare più in alto.

Per dare un’ altra interpretazione dello shu-ha-ri, si propone, in analogia con tesi, antitesi e sintesi, proprio questi punti: uno studio passivo, a cui segue un’esperienza attiva per arrivare alla realizzazione.

L’allievo è divenuto esperto, l’esperto apre gli occhi e diventa maestro”.